Metabolismo glucidico ed attività fisica

Nell individuo sano la glicemia a digiuno si assesta attorno ai 70 mg/dl ed ai 130-150 dopo un pasto. Il controllo della glicemia nell’arco della giornata è affidato principalmente all’insulina-glucagone , ma anche il cortisolo, gh e catecolamine sono partecipi attraverso altri meccanismi. I livelli di glucosio devono sempre essere livellati per permettere il loro utilizzo da parte del sistema nervoso, di cui il glucosio è l’unico nutriente. Nello stato post-assorbimento (periodo successivo di 6-12 ore ad un pasto) tutto il glucosio che va nel corrente ematico proviene dal fegato , il rene incomincia a produrre glucosio , attraverso la gliconeogenesi , solo dopo diversi giorni di digiuno. La produzione di glucosio da parte del fegato avviene in 2 modi: 1) attraverso la glucogenolisi del glicogeno. 2) Attraverso la gluconeogenesi. Durante la notte sarà il primo meccanismo a fornire il glucosio necessario , mentre il secondo interviene con il digiuno prolungato. Il substrato della glicogenolisi è di provenienza di lattato, alanina , e glicerolo. Il glicerolo proviene dalla scissione dei trigliceridi in acidi grassi e glicerolo, il lattato e l’alanina dalla glicolisi muscolare , gastrointestinale e dei globuli rossi. Nella fase post-assorbirmneto non vi è alcun accumulo di glucosio sotto forma di glicogeno ma viene utilizzato attraverso ossidazione o glicolisi con produzione di lattato. Siamo nel momento più basso della glicemia , i muscoli che usano l’insulina per lo sfruttamento del glucosio lo preleveranno solo ed esclusivamente dagli acidi grassi liberi . A bassi livelli insulinemici sarà il glucagone ad immettere la quantità giusta di glucosio nel sangue per permettere il buon funzionamento del tutto attraverso la lipolisi. Nel periodo post-prandiale ( dopo un pasto ) il livello della glicemia è influenzato dal tipo di macronutrienti , dalla quantità misurabile in termini di calorie e dall’ora della giornata. Il glucosio proveniente dal cibo entra nel circolo già dopo 5-10 minuti , l’aumento della glicemia comporta il rispettivo aumento dell’insulina e decremento di glucagone. Il fegato estrae parte di glucosio trasformandolo in glicogeno, altro glucosio sarà utilizzato dai tessuti splancnici , l’aumento insulinico ed il decremento del glucagone portano ad una riduzione del glucosio prodotto dal fegato. Dopo 2 ore diminuendo la quantità di glucosio ematico il fegato riprende la sua produzione. La glicemia torna ai livelli basali dopo circa 3 ore anche se il completo assorbimento del pasto avviene in più tempo. L’aumento post-prandiale della glicemia, dell’insulina e la riduzione di glucagone inibiscono la lipolisi , di conseguenza la loro concentrazione ematica ed il loro utilizzo da parte dei muscoli. Quindi il combustibile di preferenza dopo un pasto sarà lo zucchero introdotto con l’alimentazione. L’innalzamento della glicemia e dell’insulina inibisce la produzione epatica di glucosio attraverso la neoglucogenesi e la glicogenolisi. Quindi nella fase post-assorbimento il muscolo scheletrico non utilizza il glucosio ma gli acidi grassi liberi nella misura del 85-90% , solo un 10 % proverrà dal glucosio ematico ed 1,2% dagli aminoacidi. Durante l’attività fisica il muscolo scheletrico incomincerà ad utilizzare carboidrati aumentando di fatto il glucosio ematico e la formazione di lattato per anaerobiosi. Con l’instaurare del metabolismo aerobico diminuisce il lattato presente nel sangue. L’aumento dell’utilizzo di glucosio viene compensato dalla sua produzione a carico del fegato , ciò almeno sino ad attività di moderata intensità anche se di prolungata durata. L’inizio dell’attività da inizio anche ad una utilizzazione degli acidi grassi liberi , di glicerolo, di

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aminoacidi e di lattato (gliconeogenesi) . Intensità , durata , grado di allenamento e dieta determineranno l’apporto qualitativo del combustibile energetico. Ad intensità basse saranno i lipidi ad essere utilizzati in una miscela mista a carboidrati ( VO2 50-65% max da 0 a 2 ore il 47% lipidi-45% carboidrati-8% aminoacidi aumentando la durata saranno sempre di più i lipidi utilizzati e minori i carboidrati sino a diventarne gli esclusivi fornitori energetici, dopo 3 ore di prestazione, con una porzione di gliconeogenesi aminoacidica) ad alte intensità saranno i carboidrati in una miscela in cui i lipidi potranno anche non essere presenti. In questo caso se l’intensità è molto elevata il glicogeno muscolare può esaurirsi precocemente ( ma molto meno di quanto ci si possa aspettare) ed in questo modo sarà il fegato con le proprie riserve a rifornire il muscolo. L’allenamento, come al solito, crea degli adattamenti , per cui il soggetto allenato a parità di intensità di VO2 max sarà in grado di utilizzare meglio gli acidi grassi liberi rispetto al soggetto non allenato. Avremo ciclisti che al 75% del VO2 max sono in grado di utilizzare i FFA come scorta energetica. Una dieta ricca di carboidrati ne migliorerà la loro ossidazione permettendo delle performance di resistenza qualitativamente superiori rispetto ad una dieta lipidica. L’utilizzo di bevande zuccherate durante e dopo la prestazione sportiva ne migliora l’endurance ed il ripristino delle riserve di glicogeno avendo la cellula muscolare la priorità assoluta sul glucosio. Durante una prestazione fisica il livelli di insulina si riduce permettendo così un possibile utilizzazione degli acidi grassi liberi e rendendo cosi disponibili all’utilizzo il glicogeno presente( il muscolo durante la sua attività non ha bisogno di grandi quantità di insulina , contrariamente a quanto avviene a riposo, per approvvigionarsi di glucosio avvalendosi di una proteina vettrice Glut-4 che trasporta il glucosio dal citoplasma alla cellula muscolare ) Parallelamente diminuendo , in esercizio , il livello di insulina aumenta quello di glucagone giocando , insieme alla adrenalina stimolata anch’essa dall’ipoglicemia, un ruolo importante nell’omeostasi glucidica. Il glicogeno muscolare è misurato in millimol per chilogrammo di muscolo (mmol/kg). Una persona che segue una dieta mista normale ha dei livelli di glicogeno intorno a 80-100 mmol/kg. Gli atleti che seguono una dieta mista hanno livelli più alti, intorno a 110-130 mmol/kg .Semplificando il tutto si afferma che nei muscoli e nel fegato di un atleta ci sono all’incirca 450 gr. di glicogeno, più o meno, pari ad un apporto energetico di quasi 1800 kcal. Nei soggetti affetti da diabete di tipo 2 , diabete esulino resistente , in cui diminuita la sensibilità recettoriale sia a livello muscolare, adiposa che epatica assistiamo ad un incremento dei livelli di glucosio nel sangue presumibilmente per un difetto di feedback epatico in seguito al quale il fegato continua a produrre glucosio , per via gluconeogenesi , nonostante siano già alti i valori ematici dello stesso. Nella fase post-assorbimento , contrariamente a quanto visto nei soggetti normali, si ha un aumento dell’utilizzo del glucosio prontamente compensata dalla sua produzione epatica , per il meccanismo detto prima e cioè il fegato non riesce a registrare l’aumento ematico del glucosio continuando a produrlo. Nella fase post-prandiale la situazione è medesima a quella dei soggetti normali ma viene sempre a mancare il feedback che ne riduce la sintesi epatica, per cui assistiamo ad un aumento della glicemia , ad una ridotta capacità ossidativi del glucosio,ad una ridotta capacità di immagazzinamento dello stesso sotto forma di glicogeno ed ad un aumento del lattato e di alanina. In questi soggetti il quadro che si presenta durante una prestazione fisica è singolare: assistiamo ad un aumento della utilizzazione del glucosio senza che sia diminuita l’iperinsulinemia, come invece accade nei soggetti normali, il fegato continua a produrre glucosio compensando così la sua utilizzazione. Nei soggetti affetti da diabete di tipo 2 l’esercizio fisico provoca una sensibilizzazione dei recettori insulinici che persiste anche per diverse ore dopo la fine dell’esercizio per l’esigenza di ripristinare le scorte di glicogeno. Durante lo svolgimento di una attività fisica, nei primi 30 minuti, ad alta intensità si registrano nei diabetici di tipo 2 elevati livelli di glucosio, come anche nei soggetti normali , ma in misura più precoce e maggiore rispetto non diabetici dovuto al fatto che nei diabetici maggiore è la produzione come l’utilizzazione. Adrenalina e glucagone registrano livelli superiori dopo un’attività ad alta intensità. Nelle 24 ore successive allo sforzo l’utilizzazione del glucosio da parte dei diabetici sarà aumentato del 30% rispetto ai consumi non post-esercizio. L’allenamento frequente porta a miglioramenti della sensibilità insulinica migliorando di fatto il quadro clinico del diabete di tipo2. Da evitare lo svolgimento di una qualsiasi attività fisica in circostanze con glicemia superiore a 250 mg/dl o se in presenza di chetosi. I farmaci utilizzati solitamente per i diabetici di tipo 2 sono dei stimolatori insulinici ( il cui compito è di abbassare i livelli glicemici) , da valutarne le loro dosi , in quanto se è vero che durante la prestazione non assistiamo di norma a riduzione dell’insulina , come nei soggetti sani, è altrettanto vero che alla fine di un allenamento e nelle 24 ore successive abbiamo invece un calo insulinico che sommato a quello generato dal farmaco potrebbe causare dei problemi. Una regolare attività fisica sia di tipo aerobico che con i pesi migliora la recettorialità insuilinica , la composizione corporea , i livelli plasmatici delle lipoproteine facendo oltre che da controllo diabetico anche da prevenzione cardiovascolare. Ipertensione , obesità, iperlipemia e problemi cardiovascolari sono infatti associati al diabete di tipo 2. Una corretta attività fisica deve essere programmata in termini di frequenza almeno di 3-5 volte la settimana con intensità aerobica dal 50 al 70% del VO2max per una durata di 30-60 minuti. Nello svolgimento di un’attività fisica di un bambino in fase adolescenziale e pre-adolescenziale abbiamo un quadro fisico metabolico , energetico e di adattamento simile a quello di un adulto con delle differenze solo quantitative : minore concentrazione di glicogeno, minore deposito di glicogeno, minore capacità adattativa allo sforzo, minore capacità lattacida. Motivo per cui nel caso di un bambino o adolescente affetto da diabete di tipo 1 , mellito, così come per un adulto,di primaria importanza sarà il grado di insulinizzazione. Se si è in uno stato di carenza insulinica si assiste , durante lo svolgimento dell’attività, una esaltata emissione di glucosio epatico , dovuto per altro ad una maggiore azione, come normale che sia, di glucagone/cortisolo e lipolisi conseguente, senza che il glucosio venga adeguatamente utilizzato dai muscoli portando il soggetto ad una iperinsulinemia. Se invece il soggetto è iperinsulinizzato, l’eccessiva insulina inibirà da una parte la produzione epatica di glucosio, dall’altra ne favorirà l’utilizzazione muscolare con conseguente ipoglicemia. Da tenere presente che la produzione di glucosio nel diabetico è 3 volte maggiore nel diabetico rispetto al non ( maggiore lipolisi, maggiore gluconeogenesi ). Da queste considerazioni emerge l’importanza del adattato dosaggio insulinico in base all’ora della attività fisica e della qualità della stess ( una cosa è fare pesi, altra una maratona). Una corretta e frequente attività fisica contribuisce alla riduzione della somministrazione insulinica e migliorando il quadro lipidico ematico , alterato nei diabetici da un iperlipolisi , riducendo i trigliceridi ematici ed il colesterolo LDL a favore dell’HDL. Una corretta programmazione del training in piena sintonia con dieta/orari di allenamento/durata ed intensità dell’esercizio/tipo e dose dell’insulina permettono il raggiungimento delle medesime performance atletiche raggiunte da atleti non diabetici. Assunzioni di carboidrati prima/durante e dopo, misurazione della glicemia prima/durante e dopo, training in orari in cui la glicemia è inferiore ( al mattino prima della colazione) prevengono un rischio ipoglicemico. Training svolti il pomeriggio o la sera possono comportare ipoglicemia notturna. L’aumentata sensibilità insulinica del post allenamento, l’aumentata richiesta muscolare di glucosio suggeriscono nel caso di un training serale una ridotta dose insulinica tale da non creare iperinsulinemia e bloccare la normale produzione epatica notturna di glucosio. Da evitare l’attività con glicemia inferiore a 100mg/dl e superiore a 250gr/ml. Suggerire prima di intraprendere un’attività fisica il controllo retinico, renale, neurologico opportuno. Tutti gli sport sono accessibili ai bambini diabetici pur che siano progressivi negli adattamenti e non contusivi ( lotta-pugilato)

Non vi sono dati sufficienti a supporto di una qualsiasi teoria che l’attività fisica in età pre e puberale possa influire con modificazioni strutturali ed ormonali. Uniche cose accertate sono, accelerazione del passaggio dalla pubertà alla fase adulta, modificazione della composizione corporea con aumento di massa magra a discapito di quelle grassa, migliore risposta insulina e nelle donne proporzionalmente all’intensità dell’allenamento ritardo nel menarca e disturbi sul ciclo.

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